Chiesa Arcipretale di Scaltenigo

Ultima modifica 29 ottobre 2020

dedicata ai santi Pietro e Paolo

via Caltana n.184 tel. 041 436004

Sito internet: www.cattedradisanpietro.it

Chiesa Arcipretale di Scaltenigo

L'edificio trecentesco è di forme gotiche, con un bel protiro che, elegante nelle sue esili arcate, ripara il portale della facciata avvicinando , nel contempo, la Chiesa al suo slanciato e coevo campanile.

Anticamente la chiesa fu retta anche dai monaci benedettini; delle costruzioni conventuali, che sorgevano a nord-ovest, rimane traccia anche in un bassorilievo collocato sulla facciata di una moderna costruzione sita nel luogo medesimo.

Il blocco Chiesa-campanile fino agli inizi di questo secolo, doveva apparire più serrato dato che sul sagrato e sul fianco destro del sacro edificio si estendeva il cimitero, racchiuso da un basso muretto di cinta verso la strada. Una delle ultime lapidi sepolcrali rimaste in sito, a ridosso della chiesa, è della fine dell'Ottocento. È' vero che una situazione analoga esisteva anche a Mirano, ma il complesso sacro di Scaltenigo doveva conservare quel fascino e quel mistero che ancora traspare da quei rari nuclei chiesastici medioevali rimasti tuttora su qualche altura veneta, carichi di leggenda e di un alone di superstizione.

L'interno della chiesa ha subito notevoli trasformazioni nel Cinquecento e nel Settecento. La pala dell'altare maggiore è un dipinto ad olio su tela di scuola veneziana del Cinquecento, raffigura Il Redentore che appare ai Santi Pietro e Paolo, assai deturpato dal tempo e da grossolane ridipinture, in un recente restauro (1971) ha rilevato una bellezza formale insospettata e tutto il suo splendore coloristico. Benchè in questo dipinto vi confluiscano varie tendenze pittoriche - il colore ricorda Tiziano, al Veronese sembra ispirato la parte superiore, mentre bonifacesche sono le figure ai lati - il risultato indubbiamente è molto bello. Per una certa analogia con la pala documentata dell'altare maggiore della chiesa di Noale dipinta nel 1573, l'opera deve essere attribuita al padovano Damiano mazza, discepolo del Tiziano, influenzato però anche dal Veronese e dal Tintoretto, operoso nella seconda metà del Cinquecento. Di questo artista, che nella sua opera più nota, Il ratto di Ganimede, della National Gallery di Londra, dimostrò tale bravura da farla credere per le sue squisitezze del Tiziano (Ridolfi) ben poco sappiamo, se non che morì nei più begli anni suoi. Sulla destra dell'ingresso principale è conservato un riquadro d'affresco, staccato esternamente, con la figurazione della Madonna col Bambino e le Sante Caterina e Lucia; in alto reca la seguente scritta: Questo lavorio ha fatto fare Dona Bartolomea Delmaisto Marano - 1481 addì 20 marzo. Sul soffitto della Chiesa, in un grande riquadro centrale, è raffigurata ad affresco La Gloria dei Santi Pietro e Paolo protettori della parrocchia, mentre ai quattro angoli, in spicchi triangolari, sono dipinti gli evangelisti. La bella decorazione pittorica è da ritenersi opera molto tarda di Giandomenico Tiepolo, il quale deve averla eseguita dopo il soffitto della Chiesa di Zianigo e servendosi abbondantemente di collaboratori. Su questa attribuzione concorda Camillo Semenzato, mentre per Francesco Valcanover il soffitto è di Francesco Fontebasso. L'affresco, tutto dominato da tondi chiari e caldi, con una grafia nervosa che modella le figure, rimane comunque una testimonianza molto importante della pittura veneziana del Settecento.

Sull'altare di destra, dono di una nobile Pizzamano, sotto ad una tela con La Madonna dei Santi di minore padovano del Seicento, è conservata dentro un cofanetto una piccola e stupenda scultura marmorea, opera probabile di Antonio Gai (Venezia, 1686-1769), con la figurazione della Pietà; un vero gioiello del modellato. La preziosa opera proviene dall'oratorio di una villa vicina. Egualmente del Gai, sono le belle statue di marmo che adornano l'altare maggiore, con le raffigurazioni dei Santi Pietro e Paolo. Queste due sculture sono state rese note di recente da Don Antonio Niero e pubblicate anche da C. Semenzato nel suo volume sulla scultura veneta del Sei e Settecento. Nella Sacrestia si conserva una icona Greca trecentesca con la figurazione della Madonna, un vero gioiello su tavola.

 

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